Con “4 Canti per Santa Rosalia”, oratorio in quattro parti per soprano, mezzosoprano, voce narrante e orchestra, e la drammaturgia e i testi di Fabrizio Lupo, il Teatro Massimo di Palermo inaugura giovedì prossimo la stagione di spettacoli, concerti e balletti dell’estate. Lo spettacolo, con nuove musiche in prima esecuzione assoluta delle compositrici Corinne Latteur, Giulia Tagliavia, Valentina Casesa e Maria Mannone, vuole contribuire a rinnovare il rito che celebra da quattrocento anni la devozione per la patrona di Palermo e a ridare nuova vita a testi antichi di oratori e cantate per Santa Rosalia di cui non ci sono giunte le musiche. Con l’Orchestra del Teatro Massimo diretta da Alberto Maniaci, l’attore Filippo Luna e le voci di Maria Cristina Napoli e Marta Di Stefano. Il titolo “4 Canti” evoca un luogo simbolico della città di Palermo e del Festino, quel Teatro del Sole dove si incrociano le due strade principali del centro storico di Palermo. Ma quattro canti sono anche le musiche originali che il Teatro Massimo ha commissionato per l’occasione alle quattro compositrici, Corinne Latteur, Giulia Tagliavia, Valentina Casesa e Maria Mannone. Le loro quattro composizioni originali rivestiranno di nuove musiche i testi degli oratori e delle cantate ritrovati negli archivi della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana e della Biblioteca Comunale di Palermo e individuati da Consuelo Giglio.
A dirigere l’Orchestra del Teatro Massimo è il Maestro Alberto Maniaci; le cantanti soliste sono il soprano Maria Cristina Napoli e il mezzosoprano Marta Di Stefano; la voce narrante è quella dell’attore Filippo Luna che lega le quattro composizioni attraverso i testi di Fabrizio Lupo, ispirati a quattro momenti della vita della Santa e suddivisi in quattro numeri musicali che vengono declinati dalle compositrici secondo le loro diverse ispirazioni: Il Canto della città bambina, il Canto dello sposo, il Canto pellegrino e il Canto della roccia: nascita, scelta, eremitaggio e morte della Santa. “Sin dall’inizio – dice Fabrizio Lupo, drammaturgo, scenografo e studioso della tradizione siciliana delle feste popolari – con la forma di oratorio mi sono potuto concentrare sulla narrazione in musica che prende corpo solo attraverso il suono. Ho ripartito le quattro parti del libretto in quattro numeri musicali. Un’apertura musicale, una narrazione della vita, un canto ed infine una preghiera. Ogni parte è composta da un momento musicale più o meno lungo, seguito da una narrazione della favola di Rosalia. A chiusura di ogni parte una preghiera, per scacciare i mali che ci affliggono, come nella tradizionale invocazione a Santa Rosalia: “Scansanni ri fame, guerra, peste e terremoti. La fame, simboleggiata dai migranti che abbandonano il deserto che avanza, la guerra, che uccide ancora oggi i bambini come nella Strage degli Innocenti, la peste, che abbiamo vissuto da poco con la pandemia e i terremoti, che chiamo cataclismi a causa del nostro operato sciagurato per il quale dovremmo chiedere a Rosalia, patrona della biodiversità, di perdonarci”.
Autrici delle musiche sono quattro compositrici siciliane, di nascita o di adozione, a partire da Corinne Latteur, di origini belghe ma diplomata a Palermo in composizione e in direzione d’Orchestra, prima donna in Sicilia a conquistare i titoli in entrambe le discipline. È autrice del Primo Canto che racconta nel primo brano la nascita di Rosalia (Sogno felice); nel secondo (Nata da un sogno) insieme alla voce narrante di Filippo Luna evoca “una bimba pura come il giglio della sua casata e rosa come la passione della fede”; e con il terzo brano (Canto della città bambina) costituito da un’aria per soprano e orchestra, canta tutto l’amore di Rosalia verso la propria città: “Panormo mia citate amata …non temer strali fatali”. Il Secondo Canto è firmato da Giulia Tagliavia, allieva di Donatella Sollima, Marco Betta e Luis Bacalov, autrice di successo di colonne sonore per il cinema, di film per la tv (Rai) e di serie (Netflix). Firma il “Canto dello Sposo” dove le due voci, di Rosalia (soprano) e del Demonio (mezzosoprano), rappresentano il conflitto di Rosalia tra vocazione e tentazione. Il canto è “intonato su cellule melodiche ripetitive, semplici, quasi dei mantra di preghiera che accompagnano Rosalia nel suo pellegrinaggio per scacciare ‘all’inferno’ la voce di Demonio”. Chiude la composizione un corale guidato dagli strumenti ad arco, sulla narrazione della “Preghiera contro la Peste”. Il Terzo Canto è affidato invece a Valentina Casesa, autrice di musica strumentale e d’opera, musica per immagini e per la danza, eseguita in contesti nazionali ed internazionali, è diplomata in pianoforte, in composizione e direzione di coro. Il suo Terzo Canto con linguaggio tonale e semplice fa un elogio alla semplicità e alla vita umile di Rosalia nel momento che precede la decisione di salire al Monte per trovarvi rifugio e pace. “Dopo una intro orchestrale di particolare intensità emotiva, le note del terzo canto presentano nella parte centrale una piccola oasi di quiete dedicata esclusivamente alle voci protagoniste; per riprendere nel finale il leitmotiv della piccola aria di Rosalia e portarlo figurativamente in “cima al Monte” attraverso un crescendo costruito su onde sonore sempre più ampie, fino alla massima espressività degli archi sul finale del brano”. Il Quarto Canto infine è di una compositrice che si divide tra musica e scienza, Maria Mannone, laureata in fisica teorica, ricercatrice del CNR, master all’IRCAM della Sorbonne, con un PhD in Composition presso la University of Minnesota, USA. Diplomata oltre che in composizione, anche in direzione d’orchestra e pianoforte e docente di neuroscienze e diagnostica avanzata dell’Università di Palermo. Il suo Canto “Panormus Divae Rosaliae”, è una composizione per soprano, mezzosoprano e piccola orchestra ed è basato sul testo in latino del “Canto della roccia”. “In esso, la tradizione classica del contrappunto vocale dialoga con la modernità armonica dei passaggi orchestrali. La micro e macrostruttura della composizione sono basate sul testo … Immagini suggerite dai versi, quali saxa cadunt, le pietre della città che metaforicamente si sgretola, sono rese musicalmente con cromatismi discendenti … La Santuzza sostiene la città con un misto di forza e di gentilezza: fra i versi, infatti, si susseguono i richiami alla marzialità e alla forza (Tuis Aquilis invictis / Tolle fulmina) e, al tempo stesso, alla delicatezza delle rose (da Rosas). La musica accompagna il testo e ne sottolinea l’energia … “.