La Corte di cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ex articolo 321, commi 2 e 2-bis cpp, si differenzia rispetto al sequestro preventivo “tipico” di cui al primo comma del medesimo articolo, atteso che la prima misura non abbisogna dei requisiti di applicabilità previsti per la seconda: più in particolare, per il sequestro per equivalente è sufficiente il presupposto della confiscabilità dei beni, non occorrendo la prognosi di concreta pericolosità connessa alla libera disponibilità delle cose medesime, le quali, proprio perché confiscabili, sono di per sé oggettivamente pericolose, indipendentemente dal fatto che si versi o meno in materia di confisca facoltativa o obbligatoria.
Questi sono i contenuti della sentenza n. 420, depositata l’8 gennaio 2021.
Fatto
Il tribunale di Milano rigettava l’istanza di riesame presentata nell’interesse di una Spa, quale terza interessata, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del medesimo tribunale e riguardante una somma di denaro quale profitto del reato di cui all’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000, oggetto di provvisoria incolpazione a carico di tre indagati.
Ricorso per cassazione
Proponeva ricorso di legittimità la società, sottoponendo al’attenzione del supremo Collegio una serie di articolati motivi, su uno dei quali pare opportuno focalizzare la nostra attenzione.
Infatti, la compagine, con riferimento al tema del “periculum in mora”, rilevava come la consolidata giurisprudenza secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca potesse essere disposto prescindendo dalla valutazione sulla sussistenza del pericolo connesso alla libera disponibilità del bene fino alla pronuncia irrevocabile avrebbe dovuto ritenersi ormai superata, a meno che non si volesse ritenere, che potesse disporsi il sequestro di un bene rinviando ad un secondo lontano momento, quello della confisca, la valutazione del pericolo connesso con la libertà del bene e tale ritenuta irragionevolezza sarebbe valsa anche per i sequestri disposti in relazione alle nuove ipotesi di confisca obbligatoria, tra cui rientrava quella applicabile nel caso di specie.
Contenuto della decisione
Dopo aver affrontato una serie di questioni preliminari, consistenti nella declaratoria di sussistenza dell’onere motivazionale nel decreto impugnato, al contrario della prospettazione della ricorrente, la suprema Corte rigetta il ricorso della società, affrontando i temi al centro della nostra disamina.
In particolare, ricorda la Cassazione, la sentenza delle sezioni Unite 18954/2016 evidenzia come facciano eccezione alla regola secondo cui il tema delle esigenze cautelari rientra tra i requisiti che possono divenire oggetto di necessaria esposizione ed autonoma valutazione da parte della autorità giudiziaria che dispone il sequestro, pena la nullità della misura ablativa da rilevarsi a cura del tribunale del riesame:
- i sequestri probatori
- taluni casi di sequestro per equivalente a carico dello stesso indagato (cfrCassazione n. 18311/2014)
- il sequestro preventivo ex articolo 321, comma 2, cpp (cfr Cassazione n. 47684/2014)
- il sequestro preventivo di beni a norma dell’articolo 12-sexies Dl n. 306/1992, con riferimento al quale il periculum in mora viene fatto coincidere, dalla costante giurisprudenza di legittimità, coi requisiti della confiscabilità del bene – a stretto rigore ontologicamente diversi dalle esigenze cautelari – e, cioè, la sproporzione del valore di questo rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto nonché la mancata giustificazione della lecita provenienza del bene stessi (cfr Cassazione n. 16207/2010)
Sequestro per equivalente
Come pure affermato (cfr Cassazione n. 21988/2017), infatti, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, spetta al giudice il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del periculum in mora – che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all’articolo 321, primo comma cpp – sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni (cfr Cassazione n. 31229/2014).
Il sequestro per equivalente, quindi, come disposto anche nel caso in esame, rientra nell’ambito del sequestro ai fini di confisca di cui all’articolo 321, commi 2 e 2-bis cpp e costituisce una figura specifica e autonoma rispetto al sequestro preventivo regolato dal primo comma dello stesso articolo, con la conseguenza che non risulta necessaria la presenza dei requisiti di applicabilità previsti per il sequestro preventivo “tipico”, essendo sufficiente il presupposto della confiscabilità, non venendo neppure in considerazione alcuna prognosi di concreta pericolosità connessa alla libera disponibilità delle cose medesime, le quali, proprio perché confiscabili, sono di per sé oggettivamente pericolose, indipendentemente dal fatto che si versi in materia di confisca facoltativa o obbligatoria (cfr Cassazione n. 47684/2014).
No a prova del nesso fra “res” e reato
La stessa peculiarità dell’istituto e della relativa previsione normativa – inferisce la Cassazione – implica che non vi è necessità che sia provato il nesso strumentale tra l’oggetto del sequestro (la “res“) e la perpetrazione del reato per la semplice ragione che la confisca per equivalente, per assioma, ha ad oggetto beni estranei al reato contestato, che sono sottoposti al vincolo cautelare solo perché di valore equivalente al profitto del reato (cfr Cassazione n. 1261/2013).
Conclusioni
I togati di legittimità richiamano, infine, in tema di reati tributari, il proprio orientamento giurisprudenziale, secondo cui il sequestro per equivalente non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato (cfr Cassazione nn.. 18311/2014; 19034/2013; 26389/2011) spettando al giudice, in tali casi, il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del periculum in mora – che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all’articolo 321, primo comma cpp – sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni.
In definitiva, si tratta di una tipologia di misura cautelare reale soggetta a limiti non stringenti, proprio alla luce della sua finalità, che è quella di impedire che il colpevole si assicuri il profitto criminoso, attraverso il sequestro di denaro o, in mancanza, di beni per un valore equivalente, anche qualora non acquistati con il profitto o il prezzo del reato contestato.
Fonte: Fisco Oggi del 18/02/2021