“Inammissibile quanto sta accadendo nel Regno Unito ai danni di cittadini italiani ma anche europei, ingiustamente rinchiusi in centri di detenzione per immigrati e in seguito espulsi”. Queste sono le parole del responsabile della Confedercontribuenti alle Relazioni Internazionali Calogero Spallino, che denuncia la diseguale modalità di trattamento tra il Regno unito e gli Stati europei. Cittadini italiani ed europei, entrati nel paese per cercare lavoro o per effettuare dei colloqui, si sono visti privati della loro libertà personale poiché sprovvisti del visto previsto per l’entrata e/o la permanenza sul suolo inglese. Tutto ciò è vergognoso e non rispetta la reciprocità del trattamento riservato ai cittadini britannici dai nostri paesi.
È scritto nero su bianco all’articolo 18, nell’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, che : “Lo Stato ospitante può prescrivere ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del Regno Unito, ai loro familiari e altre persone che soggiornano nel suo territorio alle condizioni previste, di chiedere un nuovo status di soggiorno che conferisca loro i diritti di cui al presente titolo, unitamente a un documento attestante tale status, eventualmente in formato digitale”.
È sconcertante che in modo arbitrario – seppur al punto 4 dello stesso articolo 18 venga espressamente previsto che “qualora gli interessati non rispettino il termine per la presentazione della domanda di cui alla lettera, le autorità competenti valutano tutte le circostanze e i motivi del mancato rispetto e, se questi sono fondati, consentono loro di presentare la domanda entro un termine supplementare ragionevole” – il Regno unito abbia deciso di procedere alla reclusione nei confronti di cittadini stranieri sol perché sprovvisti del visto.
Rispettiamo, poiché legittima e prevista all’articolo 50 nel Trattato di Lisbona del 2009 – tra l’altro introdotto su ennesima richiesta del Regno Unito all’Europa – l’uscita dalla Comunità Europea, ma non possiamo ignorare un comportamento palesemente preclusivo della libertà personale dei nostri cittadini.
Il Regno Unito ha ricevuto svariate agevolazioni dalla Comunità europea nel corso di questi anni che vanno dalla scelta di mantenere la propria moneta, ai maxi-incentivi per la politica agricola, al famoso rimborso (“rebate”) di parte dei suoi contributi al bilancio comunitario, all’esenzione dall’obbligo di applicare alcune disposizioni contenute nei Trattati o nella legislazione comunitaria (tra l’altro in questo il Regno Unito è il paese membro che ha negoziato e ottenuto più opt-out). Nonostante ciò il suo atteggiamento, sin dall’inizio della sua entrata nella Comunità Europea, sembra essere stato guidato da motivazioni esclusivamente indirizzate al solo ritorno economico e con uno scarso spirito di collaborazione con i suoi cugini europei.
Il fatto che il Regno Unito sia uscito dall’Unione Doganale non può essere una scusante per le autorità britanniche del rinchiudere cittadini europei in attesa di rimpatrio in centri di detenzione, privati dei loro beni personali e costretti a dormire nelle celle come comuni criminali. Che i nostri rappresentanti competenti in materia, insieme all’Europa tutta, approfondiscano questa imbarazzante vicenda affinché mai più nessun cittadino europeo debba ritrovarsi in simili condizioni.