Una riduzione strutturale del carico fiscale sulle imprese, grazie all’Ires premiale permanente a cui sta lavorando il governo, potrebbe generare, entro tre anni, un aumento degli investimenti privati fino al 10%, pari a circa 20 miliardi di euro aggiuntivi, considerando i livelli attuali di spesa per beni strumentali e infrastrutture aziendali. Una spinta agli investimenti si tradurrebbe positivamente e direttamente sull’occupazione, con la creazione di almeno 200.000 nuovi posti di lavoro, distribuiti tra i settori più dinamici, come il manifatturiero avanzato, il digitale e i servizi innovativi. L’aumento dell’occupazione porterebbe a un incremento del reddito disponibile delle famiglie e, di conseguenza, a una maggiore capacità di spesa. Ciò avrebbe un effetto positivo sui consumi, stimati in crescita del 3% su base annua, con benefici significativi per il commercio e le piccole imprese locali. La domanda interna, che rappresenta il 60% del pil italiano, riceverebbe un’importante spinta, creando un circolo virtuoso capace di sostenere la crescita economica nel lungo periodo. È quanto emerge da un paper del Centro studi di Unimpresa, realizzato alla luce di quanto riportato oggi da alcuni media in relazione all’Ires premiale per le imprese, misura introdotta dal governo con l’ultima legge di bilancio, che dovrebbe diventare strutturale. “Una fiscalità più favorevole alle imprese incoraggerebbe l’attrazione di investimenti esteri, con un impatto positivo sul saldo della bilancia commerciale e sull’innovazione del nostro sistema produttivo. Un ambiente fiscale competitivo è un elemento chiave per trattenere le eccellenze italiane e attrarre nuovi capitali, contribuendo alla costruzione di un’economia più solida e resiliente. È più che condivisibile, pertanto, l’obiettivo del viceministro Maurizio Leo di rendere strutturale l’Ires premiale per le imprese che investono in beni strumentali legati alle transizioni 4.0 e 5.0. Si tratta di un segnale positivo per il tessuto produttivo italiano, soprattutto in un contesto in cui la pressione fiscale sulle imprese nel nostro Paese resta tra le più alte d’Europa. Attualmente, le aziende italiane sostengono un carico fiscale complessivo che supera il 59% del profitto commerciale rispetto alla media europea del 42%”, commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Manlio La Duca. “Gli interventi a cui sta lavorando il governo possono rappresentare un concreto stimolo per migliorare la competitività del nostro sistema produttivo, incentivando gli investimenti in innovazione e digitalizzazione, che sono fattori chiave per la crescita economica. Inoltre, l’allineamento di queste misure con le risorse disponibili e il rispetto dei conti pubblici dimostra una strategia di lungo periodo che va nella giusta direzione. La riduzione della pressione fiscale sulle imprese non è solo una questione di equità, ma anche di opportunità economica. Ogni euro risparmiato in tasse può essere reinvestito in beni strumentali, tecnologia e innovazione, elementi indispensabili per affrontare le sfide del mercato globale. Investimenti maggiori significano una maggiore capacità produttiva, e questo si traduce direttamente in nuovi posti di lavoro”, aggiunge il consigliere nazionale di Unimpresa. (AGI)