Non c’è pace per il trust. Non sono bastati quasi 20 anni di controversie interpretative, sfociate in centinaia e centinaia di procedimenti in ogni grado di giurisdizione tributaria, con il relativo colossale dispendio di tempo e di denaro: ci si è messa anche la circolare 34/E del 20 ottobre 2022. Emanato al fine di sedare il confronto tra fisco e contribuenti, il documento ha invece aperto una serie di nuovi fronti sui quali è assai prevedibile che si scatenerà un’altra contesa nelle aule della giustizia tributaria.
Lo preconizzano due recenti studi del Consiglio nazionale del Notariato (47-2023/T e 48-2023/T) nei quali, oltre a denunciare il “linguaggio” della circolare come tipico di un legislatore e non di un interprete, si afferma severamente che «è destinato all’insuccesso» il «tentativo» dell’Agenzia di disciplinare la tassazione del trust così come prescritto nel documento di prassi. Vi sarebbe insomma il «rischio molto concreto» di una «nuova stagione di contenzioso», causato dal fatto che la circolare, invece di accettare l’interpretazione accolta dalla Cassazione, pare animata dall’intento di cercare «il modo di incrementare il gettito» tra le «pieghe» delle decisioni assunte dalla giurisprudenza di legittimità.
Tra entrata e uscita
La circolare 34/E, aderendo a quanto la Cassazione ha deciso in oltre cento pronunce, ha invertito l’originario orientamento (espresso nelle circolari 48/E/2007 e 3/E/2008) circa la tassazione dei “flussi” patrimoniali che si instaurano quando si ricorre a un trust: non più, dunque, imposta di donazione al momento di apporto di beni al trust (la cosiddetta “tassazione in entrata”), bensì la sua applicazione “all’uscita”, cioè nel momento in cui il trustee distribuisce il patrimonio del trust ai beneficiari, i quali siano destinatari di un intento liberale del disponente (quando questo intento liberale non c’è – si pensi a un trust di garanzia o a un trust liquidatorio – evidentemente non vi può essere l’applicazione dell’imposta di donazione).
Tuttavia, secondo l’Agenzia, la tassazione “in entrata” tuttora permarrebbe nel caso in cui l’atto istitutivo del trust fosse confezionato in modo da rendere i beneficiari titolari del diritto di ottenere in qualsiasi momento il trasferimento del patrimonio del trust. Lo studio n. 48 del Notariato afferma dunque che questa è, per diverse ragioni, un’opinione erronea. Principalmente perché:
anche se in capo ai beneficiari esistesse il diritto di pretendere il trasferimento del patrimonio del trust, si tratta pur sempre di una posizione comunque rinunciabile e non (come accade nel caso del contratto a favore di terzo) di un incremento stabile della loro sfera giuridica;
i beneficiari potrebbero anche non sapere di essere tali e, se fosse vero che l’imposta di donazione è dovuta “in entrata”, altra soluzione non ci sarebbe se non individuare il relativo obbligo in capo al disponente e cioè non in capo al soggetto che beneficia dell’incremento del suo patrimonio a causa dell’attribuzione ricevuta dal trustee;
se il beneficiario fosse un minore o una persona incapace di agire, non si potrebbe dire che il suo patrimonio si sia incrementato fino a che non venga emanata l’autorizzazione che occorre al rappresentante legale per effettuare l’acquisizione dei beni del trust (tra l’altro, se l’incapace fosse privo di un suo personale patrimonio, non si saprebbe dove attingere per reperire il denaro necessario al pagamento dell’imposta di donazione).
La cessazione anticipata
Circa il principio generale in base al quale i beneficiari avrebbero il diritto di terminare il trust in qualsiasi momento lo desiderino, il Notariato ammonisce che esso è di rara applicabilità, in quanto (a parte il caso che sia derogato con un’espressa clausola dell’atto istitutivo) occorre che i beneficiari siano tutti specificamente individuati, siano tutti capaci e abbiano il diritto di ottenere l’attribuzione dell’intero patrimonio del trust. Con la conseguenza che la regola di cessazione anticipata del trust non si applica, ad esempio, nel caso in cui:
il disponente abbia indicato i beneficiari all’interno di una rosa o di una categoria di soggetti, in modo tale che, insomma, fino al termine del trust, non sia possibile sapere chi ne farà effettivamente parte;
l’atto istitutivo del trust preveda che possano divenire beneficiarie del trust persone non ancora nate (perché occorrerebbe anche il loro consenso);
il trust attribuisca il potere di nomina di ulteriori beneficiari, qualunque sia il soggetto cui tale potere è stato conferito;
anche uno solo dei beneficiari del reddito non fosse d’accordo con la cessazione anticipata del trust (in quanto occorre che la cessazione anticipata del trust concerna l’intero patrimonio vincolato nel trust).