La rassegna si conferma come ottimo talent della canzone d’autore e della musica italiana.
Musicultura (Macerata) è un luogo prezioso. E’ una rassegna di musica popolare, un Premio dedicato alla nuova canzone d’autore, un Festival diffuso e un luogo di dibattito civile (La Controra). Tutto ruota intorno alla parola, alle idee, alla poesia. Recanati e il Colle del Silenzio sono a pochi chilometri. All’interno del neoclassico Sferisterio (1823), struttura semiellittica nel cuore della città inizialmente destinata al giuoco del pallone col bracciale, c’erano Paola Turci, Fabio Concato, Simone Cristicchi (vinse qui da esordiente), Ermal Meta, Rachele Andreoli con lo strepitoso Coro a Coro. E poi Durdust, Mogol e i Santi Francesi, rivelazione a X Factor che qui vinsero due anni fa con il nome The Jab.
Otto canzoni per il futuro
Otto canzoni per immaginare il futuro della canzone d’autore italiana.Ma i protagonisti erano gli otto giovani vincitori, autori di cui ancora sappiamo poco:AMarti da Ferrara (con la canzone Pietra); Ilaria Argiolas da Roma (Vorrei guaritte io); Cecilia da Pisa (Lacrime di piombo da tenere con le mani ); Lamante da Schio (L’ultimo piano); Simone Matteuzzi da Milano (Ipersensibile); Santamarea da Palermo (Santamarea); Cristiana Verardo da Lecce (Ho finito le canzoni); Zic da Firenze (Futuro stupendo). Vincitori assoluti (20.000 euro, oltre al Premio della Critica e a quello per il Miglior testo) per i quattro fratelli di Santamarea, con una composizione dalla straordinaria maturità poetica e stilistica, vestita da suoni brit-pop e da melodie da età dell’oro della canzone italiana. Il Premio Imaie (10.000 euro per il proprio tour) va a Lamante, con un brano a primo ascolto più indecifrabile e dadaista.
La letteratura, carburante del motore creativo
Enzo Nannipieri, durante la conferenza stampa, ha fatto un bilancio artistico di questi trentaquattro anni: “non riceviamo canzoni nemmeno lontanamente paragonabili ai canoni delle opere di De André, Tenco, Paoli. Ma cosa abbiamo di buono oggi? Una evoluzione verso una libera contaminazione, la vocazione a sperimentare e la passione che muove questi giovani”. La nuova generazione ha visto e sentito (quasi) tutto, sopravvivendo finanche a mode sterili come la trap (che è passata purtroppo anche da qui) e riprendendo coscienza dell’importanza della ricerca musicale. La tecnologia è in questo senso un’arma a due lame e senza manico: da una parte accelera i processi creativi aprendo a infinite possibilità e rivoluzioni, dall’altra fa tutto da sola. Che nessuno scriva più testi avvicinabili a quelli di Battiato o De Gregori poi è una perdita per la nostra cultura non solo musicali. Da cosa dipende? Suppongo essenzialmente da un fenomeno: per scrivere musica non basta vivere emozioni dirompenti e osservare la realtà (due cose necessarie), ma bisogna fermarsi a leggere.
Per chiunque scriva canzoni (da Dylan in poi), la letteratura è il carburante del motore creativo. L’errore del pop anni ’20 del nuovo secolo e della trap è stato confondere le emozioni con la creatività, la rivincita esistenziale con la protesta sociale (che guidava il rap delle origini), lo storytelling con la letteratura.
FONTE: Il SOLE 24ORE