Dal prossimo 1° marzo sarà possibile attribuire agli arbitri il potere cautelare che consente loro di pronunciare provvedimenti anticipati rispetto alla decisione finale. È la novità di maggior rilievo determinata dall’entrata in vigore delle nuove norme previste dal Dlgs 149/2022 che ha attuato la legge di riforma del processo civile e che segneranno una piccola rivoluzione nel diritto dell’arbitrato. La disciplina attuale consente, infatti, agli arbitri di pronunciare provvedimenti cautelari solo per sospendere l’efficacia delle delibere societarie. L’Italia si allinea, quindi, ai principali ordinamenti stranieri che già da tempo riconoscono questo potere. La convenzione di arbitrato Mentre il potere cautelare del giudice è riconosciuto dalla legge, per l’arbitro dovrà essere attribuito dalle parti nella clausola o nel compromesso, oppure con un atto scritto separato e anteriore all’inizio del giudizio (articolo 818 , Codice di procedura civile). La potestà cautelare dell’arbitro è esclusiva dal momento in cui l’organo arbitrale è in funzione; prima di questo momento, invece, è il giudice civile l’unica autorità competente in base al nuovo articolo 669-quinquies del Codice di procedura civile. Il reclamo Anche in arbitrato il provvedimento cautelare ha forma di ordinanza. È reclamabile davanti alla Corte d’appello del distretto della sede dell’arbitrato: viene così superata la precedente discussa regola della non reclamabilità, relativa alle ordinanze di sospensione delle delibere societarie. La procedura è quella prevista dall’articolo 669-terdecies del Codice di procedura civile ma, a differenza di quanto previsto per il cautelare del giudice, con il reclamo si possono contestare solo la violazione dell’ordine pubblico o delle regole procedurali che comportano normalmente la nullità di un lodo e non la violazione di legge o gli errori sul fatto. Nella pratica, dovrebbero quindi essere rarissimi i casi di accoglimento di un reclamo contro un’ordinanza cautelare arbitrale. L’attuazione Poiché l’arbitro non è dotato di poteri coercitivi, l’attuazione del provvedimento cautelare (salvo quando sia self-executing, come la sospensiva di efficacia di una delibera) è affidata dall’articolo 818 ter del Codice di procedura civile al tribunale nel cui circondario ha sede l’arbitrato o, se all’estero, del luogo ove la misura deve essere eseguita. Le regole ricalcano quelle previste dall’articolo 669 duodecies del Codice di procedura civile: il tribunale è competente ad assumere ogni provvedimento attuativo opportuno e si osservano le norme che rinviano all’esecuzione per consegna o rilascio in caso di sequestro o al pignoramento in caso di misure su somme di denaro; negli altri casi (consegna, rilascio, fare, non fare) è il tribunale che determina le modalità di attuazione. Potere di revoca e ultrattività La riforma omette tuttavia di disciplinare altri aspetti del procedimento, per i quali si può probabilmente ricorrere all’applicazione analogica delle regole del Codice di procedura civile (articoli 669-bis e seguenti). È il caso del potere di revoca o modifica del provvedimento, riconosciuto dall’articolo 669-decies (che pare sicuramente compatibile con l’arbitrato) e dell’ultrattività dei cautelari anticipatori del merito, che tra l’altro la riforma estende espressamente anche alle delibere di condominî ed enti con l’articolo 669-sexies. Ancora due dubbi Restano due punti sui quali il legislatore avrebbe dovuto prendere posizione. Innanzitutto, se il potere di pronuncia cautelare inaudita altera parte riconosciuto al giudice sia compatibile con il principio del contraddittorio che informa l’arbitrato; pare preferibile la risposta positiva. In secondo luogo, se il potere cautelare spetti anche all’arbitro irrituale (una forma di arbitrato meno rigida), essendo stato rimosso l’inciso che fino al 28 febbraio lo legittima in arbitrato societario.
Fonte: Il sole 24 ore